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Il rigore di Panenka

Poesia di oltre cortina: il rigore di Panenka

29 giugno 2000, Amsterdam ArenA: di fronte Italia e Olanda per le semifinali degli Europei di calcio. Dopo una gara tirata, gli azzurri sono riusciti a portarla ai rigori. Prima di affrontare dal dischetto il longilineo Van Der Sar, Francesco Totti mormora a mezza bocca “Mo’ je faccio er cucchiaio”. Al momento del tiro finta la soluzione di potenza e lascia partire con il collo del piede un pallonetto morbido e centrale che il portiere olandese, buttatosi istintivamente a lato, può solo guardare. Totti e il suo cucchiaio vengono celebrati dai giornali di mezzo mondo, ma molti ignorano che tanti anni prima, agli Europei del 1976, un altro giocatore aveva segnato dal dischetto nello stesso modo. Si tratta di Antonin Panenka e questa è la sua storia.

Il rigore di Panenka

20 giugno 1976. A Belgrado va in scena la finale del torneo continentale: di fronte i campioni del mondo della Germania Ovest contro la sorprendente Cecoslovacchia. I teutonici sono nettamente favoriti, eppure sono gli outsider ad andare sul doppio vantaggio grazie a Švehlík e Dobiaš prima del pareggio tedesco nei minuti finali. Fine della favola? Non stavolta. I supplementari scorrono placidi e tutto si decide dagli undici metri. Segnano tutti, poi Hoeness spara sopra la traversa il quarto rigore. Sul dischetto si presenta allora Antonín Panenka, 27 anni che sembrano di più per via dei baffoni. Rincorsa lunga che sembra il preludio a un tiro di potenza, Sepp Maier si butta alla sua sinistra, invece Panenka colpisce morbido, da sotto, e il pallone finisce in rete dopo una parabola dolce. Cecoslovacchia campione d’Europa. “Genius”, lo definiscono, e non a torto. Ma chi è questo giovanotto che ha scelto una soluzione tanto azzardata in un’occasione così importante?

Il rigore di Panenka

Il rigore di Panenka

Un ragazzo come tanti con la passione per il calcio

Nato a Praga nel 1948, Panenka giocava nel Bohemians ČKD Praga. Al termine degli allenamenti era solito indugiare sul campo insieme al portiere Ivo Viktor per sfidarsi ai rigori. Chi perde paga. Birra, cioccolato, raramente soldi: uno dei piccoli riti che uniscono chi ha la passione per il calcio. Viktor era un ottimo portiere e la bilancia pendeva decisamente dalla sua parte, finché Panenka non tirò fuori il suo coniglio dal cilindro. A sentire lui, tutto dipendeva dal convincere l’estremo difensore che il tiro sarebbe stato angolato, ritardare la battuta di una frazione di secondo e concludere con un pallonetto. Dopotutto, quale portiere rimane fermo durante un rigore? Nove volte su dieci ci si azzecca. I risultati gli diedero ragione e Antonìn iniziò a vincere sempre più spesso. Un conto è farlo in allenamento, però, un altro paio di maniche provarci in una finale europea. Panenka ammise candidamente che se avesse sbagliato lo avrebbero spedito a lavorare in fabbrica. Franz Beckenbauer, capitano della Germania Ovest, gli rese onore affermando che solo un vero campione avrebbe azzardato una soluzione simile mentre France Football scrisse che era nato un poeta del calcio.

Il rigore di Panenka

Panenka da giovane

Panenka rimase nel suo Bohemians fino al 1981, poi si spostò in Austria al Rapid Vienna perdendo la finale della Coppa delle Coppe 1985 contro l’Everton. Agli Europei italiani del 1980 contribuì al terzo posto della Cecoslovacchia vincendo la finalina contro i padroni di casa. Appese gli scarpini al chiodo a 45 anni, nel 1993, per diventare dirigente sportivo. Il suo gesto tecnico cadde nell’oblio prima di essere riscoperto negli ultimi anni. E il penalty battuto con lo scavetto, che in Italia è ormai il “cucchiaio” grazie a Totti, nel resto del mondo è tornato ad essere “il rigore di Panenka”.

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