Il calcio ci regala ogni giorno aneddoti divertenti e gaffe degne di Paperissima. La vicenda di cui si parla qui, però, non ha nulla di spensierato. È, invece, uno di quei numerosi casi in cui lo sport incontra la Storia e un gesto atletico apparentemente ridicolo nasconde un retroscena drammatico. È il racconto della punizione battuta al contrario da Joseph Ilunga Mwepu ai mondiali del 1974.
La punizione di Mwepu ai mondiali del 1974
Il 22 giugno 1974 Zaire e Brasile si affrontano al Parkstadion di Gelsenkirchen nell’ultima gara del girone eliminatorio B del campionato mondiale di calcio. È il torneo dell’Olanda del calcio totale beffata in finale dai padroni di casa della Germania Ovest, ma anche quello in cui per la prima volta partecipa una squadra dell’Africa Subsahariana: lo Zaire, ovvero l’odierna Repubblica Democratica del Congo. L’Egitto aveva preso parte all’edizione del 1934 e il Marocco a Mexico ‘70, ma si trattava di formazioni nordafricane. Lo Zaire arriva alla gara contro i verdeoro già eliminato, ma poco male: per i calciatori di Kinshasa essere giunti alla fase finale è già un successo. Al minuto 85, sul punteggio di 3-0 per il Brasile, l’arbitro assegna una punizione ai sudamericani da ottima posizione. Il solito conciliabolo tra gli attaccanti per decidere chi deve batterla, si decide che la calcerà Rivelino.
Ma, proprio nell’istante in cui il direttore di gara Nicolae Rainea si appresta a fischiare, accade l’imponderabile: dalla barriera dello Zaire un giocatore esce di corsa e calcia il pallone con tutta la forza che ha in corpo, rischiando di colpire Rivelino. I brasiliani sono increduli e anche un po’ divertiti, l’arbitro sconcertato è costretto ad ammonire lo sventurato che allarga le braccia come a chiedere cosa abbia fatto di male. Tra gli spettatori serpeggia l’ilarità, tutti interpretano il gesto del giocatore come un’ingenuità di chi, seppur stia partecipando alla massima competizione calcistica, non ne conosca bene le regole. “Ma guarda tu questi africani, non sanno nemmeno le norme basilari”. Invece il calciatore in questione, il cui nome è Joseph Ilunga Mwepu, le regole le conosceva eccome. Il suo gesto non aveva nulla di sprovveduto, ma nascondeva un segreto decisamente cupo.
Un retroscena politico
Partiamo da lontano. Nel 1960 il Congo Belga era stato sconvolto da un golpe sostenuto da Belgio e CIA. A salire al potere era stato il capo dell’esercito Mobutu Sese Seko che, dopo aver modificato il nome dello stato da Repubblica libera del Congo in Zaire, aveva imposto alla popolazione di assumere un nome tribale e vestirsi in abiti tradizionali. Come ogni dittatore che si rispetti, Mobutu aveva dei forti tratti narcisistici ed era solito appropriarsi delle vittorie altrui per fini propagandistici. Quando la nazionale di calcio vinse la coppa d’Africa, Mobutu ne fu entusiasta e promise grossi premi in denaro ai giocatori in caso di vittorie al mondiale tedesco. I risultati furono però negativi e Mobutu non la prese bene: dopo la cocente sconfitta per 9 a 0 contro la Jugoslavia, il dittatore minacciò la squadra: se avesse perso con più di tre reti di scarto, non nessuno sarebbe tornato a casa vivo.
Alla luce di questi fatti si può immaginare con quale stato d’animo i giocatori zairesi affrontarono la gara con il Brasile. Se contro gli jugoslavi la palla era finita in rete ben nove volte, come si poteva limitare l’impeto dei campioni del mondo? Lo Zaire giocò con determinazione e riuscì a evitare l’imbarcata ma, quando al 79’ Valdomiro segnò il 3-0, il terrore si impossessò dei giocatori africani. Bisognava resistere per altri undici minuti. Ecco perché, quando al minuto 85 i verdeoro si apprestavano a tirare una punizione da buona posizione, Mwepu ebbe un crollo nervoso. Al diavolo le regole, quella palla non sarebbe dovuta entrare in porta. Nel suo gesto c’era tutta la rabbia e la paura per quello che sarebbe potuto accadere a lui e alla sua famiglia. Per la cronaca, il risultato rimase sul 3-0 e i giocatori dello Zaire ebbero salva la pelle. Letteralmente.
Per anni i giocatori dello Zaire rimasero in silenzio sulla vicenda finché, nel 2002, fu lo stesso protagonista a raccontare la verità. Joseph Ilunga Mwepu non c’è più. È morto a Kinshasa nel 2016, a 65 anni, in seguito a una lunga malattia. Il suo gesto, invece, è entrato nella storia del calcio e ci resterà per sempre.