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La Città Murata di Kowloon

La Città Murata di Kowloon

Se pensate che il vostro quartiere sia troppo affollato, forse non avete mai fatto una passeggiata nelle metropoli asiatiche. E di sicuro non avete mai messo piede nella Città murata di Kowloon, una piccola zona di Hong Kong vasta appena due ettari che arrivò ad ospitare ben trentatremila persone. Lo sviluppo urbanistico era talmente caotico che persino la luce del sole faticava a penetrare tra i vicoli.

La storia della Città Murata di Kowloon

La città nacque circa mille anni fa come avamposto per gestire il commercio di sale e nel 1810 vi venne costruito un forte militare. Nel 1842 la Cina perse contro i britannici nella Guerra dell’oppio e Hong Kong entrò a far parte dei domini di Sua Maestà, ma gli inglesi permisero ai cinesi di restare a Kowloon purché non interferissero con le loro politiche. Nel 1898 l’intera penisola di Kowloon divenne britannica con l’unica eccezione della Città Murata, una minuscola enclave cinese. L’anno successivo i britannici fecero evacuare i militari cinesi ma, di fatto, non esercitarono mai il controllo su di essa.

La Città Murata di Kowloon

Veduta aerea di Kowloon (Wikimedia Commons).

Nel 1945 vi affluirono molti profughi in fuga dalla guerra civile tra comunisti e nazionalisti. Nel 1948 si contavano già duemila abitanti e gli inglesi, dopo qualche svogliato tentativo di sfratto, si rassegnarono e lasciarono Kowloon al suo destino di zona franca e autogestita. Gli edifici crebbero come funghi piano sopra piano, senza alcuna pianificazione e spesso privi dei servizi più elementari. La gente andava a vivere nella Città murata per sfuggire ai debiti o alla legge e nel 1950 la popolazione aveva raggiunto quota 17.000. Non passò molto tempo prima che Kowloon divenisse sede di ogni tipo di traffico illecito sotto il controllo delle Triadi.

Il poeta Leung Ping-kwan nel suo libro “City of Darkness” ha descritto efficacemente l’atmosfera claustrofobica che vi si respirava:

“qui, le prostitute si installavano da un lato della strada mentre un prete predicava e distribuiva latte in polvere dall’altro; assistenti sociali davano consigli mentre i tossicodipendenti si accovacciavano sotto le scale che portavano ai piani superiori; quelli che erano i centri giochi per bambini di giorno diventavano locali per spogliarelli di notte”.

Un incubo cyberpunk

Kowloon era un incubo cyberpunk a tutti gli effetti, un labirinto di cemento con vicoli perennemente bui, finestre con inferriate e ponticelli improvvisati. L’unica legge rispettata era il divieto di superare i 14 piani per via del vicino aeroporto di Kai Tak, ma per il resto a Kowloon ci si gestiva da soli.

Contrariamente a quanto si può pensare, nella città c’erano anche tante persone che conducevano una vita relativamente normale ed estranea alle attività criminali. Paradossalmente le Triadi erano molto efficienti nella gestione: c’era un asilo, un servizio di nettezza urbana e un corpo di vigili del fuoco. C’era anche spazio per i divertimenti come il combattimento tra piccioni e il tè da bere nello yamen, uno spazio aperto dedicato alla socialità.

Nel 1984 entrambi i governi ne ebbero abbastanza di quel paradiso del degrado e decisero di radere al suolo Kowloon, dopo averla evacuata. Nel 1992 gli ex residenti ricevettero un risarcimento in denaro e sul posto sorse un parco pubblico commemorativo. Fatto piuttosto sorprendente, alcuni residenti hanno un buon ricordo del periodo vissuto nella Città Murata e non manca chi prova persino nostalgia di quei giorni.

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