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In Afghanistan produzione d’oppio record. E i Talebani passano all’incasso

Sono passati oltre cinque mesi dalla repentina caduta di Kabul per mano dei Talebani, il 15 agosto 2021. Dopo l’annuncio del disimpegno statunitense, l’esercito afghano si era rapidamente sfaldato e il presidente Ashraf Ghani costretto a riparare all’estero. Mentre il mondo inorridiva per le scene apocalittiche all’aeroporto, con centinaia di voli al giorno stipati all’inverosimile da esuli in fuga per evitare la morte, i vecchi padroni riprendevano possesso di Kabul seminando terrore e fanatismo religioso.

Con il cambio di regime ha ripreso piede il business principale dei signori del terrore: quello dell’oppio, con cui i Talebani sperano di far fronte al taglio degli aiuti da parte delle potenze occidentali. Nonostante attualmente versi in uno stato pietoso, in futuro l’Afghanistan potrebbe diventare un narcostato investito da un fiume di denaro che andrebbe a ingrossare le fila del terrorismo islamico. L’oppio è il succo lattiginoso estratto dalle capsule non mature di alcune varietà di papavero e da esso si ricavano morfina ed eroina.

La coltivazione di oppio in Afghanistan

La coltivazione dell’oppio su larga scala è iniziata dopo l’invasione militare sovietica del dicembre 1979. Oggi, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga (UNODC), i boss afgani controllano circa l’85% della produzione mondiale. Quando nel 2001 gli Stati Uniti invasero il paese per rovesciare i Talebani, la produzione crollò da una media di 2000 tonnellate a solo 78. Presto la tendenza si invertì e nel 2020 si sono registrate 6.300 tonnellate di oppio, un record destinato ad essere superato in futuro.

La coltivazione di oppio in Afghanistan

Piantagione in Afghanistan (via Pexels)

Mike Marsac, funzionario in pensione della Drug Enforcement Administration, ha raccontato gli stretti legami tra narcotrafficanti e Talebani. Il suo collega Keith Bishop, che ha operato presso una base congiunta di DEA e polizia afghana a Kabul, ha rivelato che il regime considera l’oppio un’arma per annientare i suoi nemici in patria e nel mondo. Nei venti anni di occupazione gli occidentali hanno provato a spezzare il legame tra cartello e Talebani, ma inutilmente. Si è provato a finanziare alcuni capi di tribù afghane per allontanarli dal regime, ma soltanto per scoprire che quasi tutti facevano il doppio gioco.

Un business da capogiro

Le cifre sono impressionanti: secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, la coltivazione di oppio in Afghanistan genera un fatturato compreso tra 1,2 e 2,1 miliardi di Dollari all’anno. Nel 2010 il paese è diventato il più grande produttore mondiale di hashish e, dal 2015, produce anche metanfetamina. Nel 2018 la BBC ha rivelato che, nelle province da loro controllate, i Talebani imponevano una tassa del 10% in ogni fase del processo di produzione dell'oppio incassando cifre da capogiro, secondo alcuni 1,5 miliardi di Dollari.

L’abbondanza di offerta ha determinato un forte calo dei prezzi, ma ormai i Talebani sono così potenti da potersi permettere di manipolare il mercato. Dalla scorsa estate questo stato asiatico controllato da fanatici religiosi dispone del monopolio mondiale della produzione di oppio ed eroina. Non è difficile immaginare che questi proventi andranno ad ingrossare il budget del terrorismo islamico con ricadute su tutto il pianeta. Il mondo potrebbe presto trovarsi a fare i conti con il narcostato più ricco e meglio armato mai visto.

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